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Fabrizio Marcucci

Ci sono giornate normali, ordinarie. In cui accadono cose come sempre succede. Ma cose normali, appunto, senza scosse particolari, senza picchi di attenzione. Quella di oggi, nella sua normalità anormale, ci può aiutare a capire che siamo conficcati dentro un frullatore. Perché se oggi un marziano atterrasse in Italia o se un eremita tornasse dalla montagna dopo mesi, magari anni, senza aver avuto contatti col resto del mondo; ecco, se due alieni dalla realtà quotidiana piombassero tra noi oggi e aprissero un sito di notizie o comprassero un giornale, sobbalzerebbero e comincerebbero a tempestarci di domande sull’importanza delle olimpiadi per gli italiani e su quanto gli italiani siano appesi al fatto che le olimpiadi si facciano o non si facciano in Italia. Ci chiederebbero degli italiani, dico. Non di chi edita giornali e siti, perché darebbero per scontato che col 90 per cento dei quotidiani e una percentuale analoga di siti d’informazione che ha il primo titolo sulle olimpiadi, quella è la prima notizia per il 90 per cento degli italiani. Gli italiani: quelli che si alzano all’alba, s’incazzano nel traffico, arrivano al fotofinish in ufficio o in fabbrica (sempre che abbiano un ufficio o una fabbrica dove lavorare); quelli che la banca gli telefona perché il conto corrente è in rosso. Quelli lì. Che sono tanti, a differenza dei pochi che editano e fanno giornali e siti.

Noi ci troveremmo in imbarazzo a rispondere. Perché non ci avevamo pensato. Non avevamo pensato che a noi delle olimpiadi non interessa granché, in effetti. Sì, abbiamo visto la rassegna stampa in tv coi titoloni da fine del mondo su Raggi e Malagò mentre bevevamo il caffè stamattina. Ma poi c’erano i figli da vestire, la medicina da dare al nonno, la fattura da farsi pagare, il prestito da andare a chiedere, la fila da fare per prenotare le analisi, e chi c’ha pensato più alle olimpiadi? E le olimpiadi sono rimaste lì: nei titoloni da fine del mondo, nei dibattiti del mattino, nei notiziari alla radio. E quasi c’eravamo convinti che c’interessassero per davvero le olimpiadi; quasi c’eravamo fatti l’idea che la nostra vita potesse cambiare con un sì o con un no alla candidatura di Roma a ospitare le olimpiadi. Poi ti arriva l’eremita che inizia a farti domande e ti tocca riaverti dal dormiveglia e rispondere balbettando che tutto sommato non è così importante ‘sta candidatura; che la cosa può interessare a livello di immagine e d’interessi per qualcuno, ma che agli italiani di cui sopra interessano o dovrebbero interessare altre cose.

Cosa? Ti potrebbe chiedere il marziano. E allora, a caso, ti potrebbero venire in mente due-tre cose. Che in poco meno di dieci anni si sono bruciati più di un milione di posti di lavoro in questo paese; che dal 2005 il numero di poveri è raddoppiato; che secondo l’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) l’88 per cento dei comuni italiani è a rischio di dissesto idrogeologico. Potresti continuare con le donne discriminate sul posto di lavoro e nelle retribuzioni, o col fatto che una ogni tre giorni viene ammazzata da uomini; potresti andare avanti con le città massacrate dalle auto ovunque, o, per passare a cose più lievi, con la maestra che l’altro giorno ti ha chiesto se di tanto in tanto puoi portare una risma di fogli o dei rotoli di carta igienica perché la scuola (pubblica) in cui vanno i tuoi figli non se li può permettere. Però ti fermi, ché tanto è inutile: hai capito tu e hanno capito anche il marziano e l’eremita. E concludi: no, a me delle olimpiadi non me ne frega niente; questa storiella delle olimpiadi serve ad alimentare il dibattito politico sul nulla e interessa a quelle pochissime grandi imprese che avrebbero un tornaconto dalla pioggia di milioni che verrebbero spesi in caso di candidatura accettata. Concludi che a te interesserebbe che si parlasse di un piano di risanamento ambientale di questo paese in cui si muore per pioggia e smog; di un reddito minimo per tutti in maniera che si costringa chi deve pagare un salario a non ricattare con cifre da fame; concludi che le scuole dovrebbero brillare per pulizia, salubrità e qualità totale e dovrebbero essere la priorità di un paese che guarda avanti e non al proprio ombelico.

E concludi che dovresti essere tu a tentare di riaverti dal dormiveglia in cui ti fa piombare il rumore di fondo del dibattito sul nulla, e dovresti uscire dal frullatore in cui ti hanno conficcato e tentare di imporre tu le tue priorità; ché se aspetti gli altri si continua a titolare sul nulla. Come oggi.

Foto da pixabay.com
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Fabrizio Marcucci
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