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Si può organizzare un incontro nel cui titolo compare il termine “sinistra” e constatare dopo averlo terminato che non sono mai state pronunciate le parole “Pd”, “Renzi”, “scissione”, “alleanze”, “legge elettorale”, eccetera? Sì, si può. O meglio, è stato possibile. È successo venerdì scorso a Terni, in una sala Laura del centro La Siviera in cui un pubblico attento fino alla fine ha assistito alla presentazione del libro “La sinistra radicale in Italia” (Donzelli editore). C’era Marco Damiani, l’autore del volume, e ci sono stati i contributi registrati di tre esponenti europei di forze della sinistra radicale: Pedro Antonio Honrubia Hurtado (Podemos), Cristophe Ventura (France Insoumise) e Paola Giaculli (Die Linke). E poi c’eravamo noi di ribalta e i compagni di strada del Pettirosso, l’associazione con cui abbiamo organizzato l’evento. Il fatto che non ci siano stati riferimenti alla “politica-politicante” ci ha fatto un enorme piacere. Anzi, diciamo che ci ha proprio inorgoglito, poiché dal nostro orizzonte è esclusa la rincorsa alle notizie del momento, attività che il più delle volte toglie risorse per approfondire le cose. E se abbiamo pensato di esordire con gli “incontri di ribalta” con un tema del genere, non è perché volevamo tirare la volata a questa o a quella formazione politica, movimento o partitino, ma perché innanzitutto consideriamo il lavoro di Damiani un contributo importantissimo a fare chiarezza su un tema che spesso viene guardato con lenti distorcenti; e poi perché crediamo che nelle sue mille contraddizioni la sinistra radicale in Europa sia la forza che meglio di altre ha messo a fuoco alcuni dei problemi che affliggono l’Europa stessa e punta a risolverli allargando gli spazi di democrazia ed evitando di erigere muri. Tutte cose che ci intgeressano.

Ma al di là di questo, l’incontro è stato importante perché Damiani ha messo in fila concetti molto articolati con la chiarezza di cui solo il ricercatore serio e documentato è capace. Di questo ci interessa parlare qui per farne sapere anche a chi all’incontro non ha potuto esserci. Elenchiamo per punti i concetti toccati da Damiani, rimandando per chi fosse interessato alla visione della registrazione dell’incontro.

1) La distinzione tra sinistra radicale ed estrema sinistra. È la classificazione da cui parte il volume di Damiani. La sinistra radicale si distingue da quella estrema poiché è anti-establishment ma non anti-sistema. Cioè: la sinistra radicale si muove sul crinale della trasformazione profonda dell’esistente nell’ambito degli strumenti tipici della democrazia rappresentativa. La sinistra estrema punta invece alla cancellazione degli istituti della democrazia rappresentativa per instaurare un sistema differente. Si tratta di una distinzione cruciale, poiché restituisce a forze come Syriza, Podemos, e alle stesse formazioni comuniste o post-comuniste italiane il loro vero volto, che è quello di partiti e movimenti del tutto compatibili con la democrazia, e che anzi mirano ad allargare, facendo leva sul principio di uguaglianza, gli spazi di partecipazione piuttosto che a sopprimerli. Ed è una distinzione cruciale perché fa rientrare a pieno titolo le forze della sinistra radicale nell’ambito della competizione per il governo, liberandole dalla caricatura che spesso ne viene fatta dalla stampa mainstream.

2) La questione del populismo. La parola populismo sta assumendo una accezione negativa, tanto da essere spesso confusa col neofascismo. Non solo: populismo viene assunto come sinonimo di spauracchio antidemocratico. Le cose sono messe in maniera un po’ più articolata. Damiani ha spiegato che ci sono un populismo di destra e uno di sinistra, nonostante i populisti tendano a respingere la distinzione destra-sinistra. Il populismo di destra combatte mettendo una barriera verso l’alto e un’altra verso il basso. Quella in alto è nei confronti delle élite al governo, quella in basso è nei confronti di tutti quelli che non fanno parte del popolo, i cui confini per i populisti di destra si fermano al discrimine del sangue: è popolo chi è nato in un determinato ambito geografico da genitori che appartenevano già a quel determinato ambito geografico. Dal popolo che il populismo di destra intende rappresentare sono escluse le minoranze e gli stranieri. Il populismo di sinistra invece, combatte solo verso l’alto, cioè nei confronti delle élite di governo, e il suo concetto di popolo abbraccia tutto il 99 per cento di popolazione che secondo il felice slogan del movimento Occupy, si contrappone all’1 per cento di privilegiati e potenti che con le loro scelte danneggiano il resto della popolazione, tutto il resto della popolazione.

3) Il concetto di community organizer. Le forze della sinistra radicale in Europa non godono tutte della stessa salute. Dagli interventi dei rappresentanti di Podemos, France Insoumise e della Linke che presto renderemo disponibili su ribalta questo si è potuto apprezzare con chiarezza. Podemos guarda al governo della Spagna, per il France Insoumise si è aperta una fase interessante dopo il buon successo conseguito da Mélenchon alle presidenziali di Francia, mentre gli spazi per la Linke tedesca sembrano piuttosto risicati. Ciò si deve sicuramente a fattori interni, di assetto istituzionale e di storia sociale dei diversi paesi in cui queste forze si trovano ad operare. Ma Damiani ha fatto notare come le realtà che stanno avendo maggiore successo in Europa (Podemos e Syriza) si sono poste al di là del concetto di classe. Ci sono momenti della storia, è il senso del ragionamento di Damiani, in cui una serie di oggetti che precedentemente erano divisi, si trovano ad avere gli stessi interessi: lavoratori, precari, determinate categorie di giovani e di pensionati, piccoli imprenditori, migranti per effetto della crisi e di alcune scelte di politica economica possono insomma ritrovarsi dalla stessa parte. Chi lo ha capito (Podemos e Syriza su tutti) si è posto come organizzatore di questa variegata ed ampia fascia di società (peraltro potenzialmente maggioritaria), candidandosi a rappresentarla nelle istituzioni e canalizzandone la forza verso obiettivi di trasformazione radicale. Ciò, insieme alle peculiarità dei singoli paesi, sta facendo la fortuna delle forze che si sono poste come community organizer.

Ecco insomma, di sinistra – anzi: di sinistra radicale – si può parlare senza farsi ammorbare da vecchie ruggini, evitando caricature e cercando di capire cosa può succedere da qui in avanti, più che perdersi nei labirinti del passato, delle accuse e dei veti incrociati che inchiodano i piedi a terra e non consentono di camminare.

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