Oggi viviamo una “crisi della speranza” e non riusciamo a pensare ad un futuro migliore. Un contesto adatto per il radicarsi dei populismi di destra. Occorre fare opposizione e denuncia, ma anche essere capaci di “costruire sogni” e orizzonti per le persone, perché tutti abbiamo bisogno di dare un senso all'esistenza. È per questo che, per Podemos, bisogna arrivare ai vertici della piramide, dove si concentra la maggior parte delle risorse, e pretendere che la ricchezza venga condivisa con tutti.

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Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervento di Pedro Antonio Honrubia Hurtado (responsabile del gruppo del “discorso politico” di Podemos) alla presentazione del libro di Marco Damiani “La sinistra radicale in Europa”, organizzato da Ribalta e Il Pettirosso a Terni, il 26 maggio 2017. Qui potete vedere il video integrale dell’incontro. L’intervento di Honrubia, che ringraziamo, comincia qui.

È essenziale che i progetti della sinistra capiscano che ciò che stiamo vivendo è una crisi di carattere civile. Civile nel senso di cambiamento di epoca. C’è stato un momento in cui ci hanno venduto “la fine della storia”, la fine dell’ideologia, la fine dell’utopia, e ci hanno venduto anche l’idea che qualsiasi progetto per il futuro sarebbe stato realizzabile solo dentro l’ambito del capitalismo. Perché l’utopia era il capitalismo. Anche il modo di vivere del capitalismo: la società  consumistica, l’aspirare ad avere una certa auto, a vestirsi con abiti di una determinata marca, ad avere una casa di proprietà, ad affrontare degli studi che ti dessero la possibilità di trovare un lavoro in grado di garantire poi una certa stabilità economica. Ad un certo punto si è pensato che questo era il vero cammino che stava costruendo un orizzonte di senso per le persone. Tutto ciò è sparito a partire dal 2008.

Dal 2008 in poi, all’improvviso, la gente ha iniziato a prendere coscienza del fatto che tutto era falso, che quelle di prima erano bugie. Che tu potevi anche aver studiato e che comunque non avresti avuto un lavoro per sempre. Anche se facevi quello che ti avevano detto di fare per poter poi ottenere quella posizione e una vita di successo, comunque non avevi le capacità per raggiungerle davvero.

Oggi viviamo soprattutto una crisi della speranza: siamo passati dalla società della fine dell’ideologia a quella della fine della speranza, perché di fronte al fallimento del progetto della società neoliberale e consumista, non c’è stata una alternativa capace di essere vista come un possibile orizzonte realizzabile. Perché il capitalismo potesse trionfare, si erano precedentemente demolite anche le “possibilità” che avevano le grandi utopie alle quali i progetti di sinistra erano legati: il marxismo come orizzonte utopico, l’anarchismo e qualsiasi tipo di progetto che nel XX secolo aveva costituito un orizzonte plausibile e dotato di senso per la gente. Con la caduta del muro di Berlino nel 1989, il capitalismo si è imposto e rimane oggi come unica alternativa, annullando così la possibilità di una soluzione di sinistra di fronte ad un possibile fallimento del ventaglio di prospettive create dal capitalismo stesso.

In questo momento la gente ha iniziato a capire che non c’è futuro, che non c’è alcun tipo di aspettativa rispetto alla capacità  di pensare ad un futuro migliore, che bisogna accettare che vivremo peggio dei nostri genitori. Abbiamo iniziato a capire che anche quando apparentemente arriviamo ad un periodo di ripresa economica, l’unica cosa che vediamo è che perfino se si ha un lavoro, è un lavoro precario che non permette di vivere. Questo rompe del tutto con la possibilità  di pensare a qualcosa che ti dia speranza. Non appena scoppia la crisi, la gente inizia a perdere il lavoro e pensa che è una conseguenza della crisi stessa. Quando la crisi finisce, si pensa che tornerà una fase di stabilità, ma se nel momento in cui ti rendi conto che ricomincia ad esserci una sorta di crescita economica, o, meglio, che ti dicono che c’è una crescita economica, un recupero, ebbene nonostante questo tu non torni ad avere le condizioni che avevi in precedenza, e pur avendo un lavoro non esci dalla condizione di povertà. Allora non ti resta nessun tipo di speranza.

È un contesto propizio e adatto per il radicarsi dei discorsi populisti di estrema destra, perché, piuttosto che cercare di riconoscere le responsabilità nel funzionamento strutturale della politica e dell’economia, è più facile trovare e identificare nel più debole il colpevole, nel quale identifichi qualcosa che sta rendendo difficoltosa la ripresa della situazione che si aveva prima dell’inizio della crisi.

Qual è l’alternativa a tutto ciò? L’alternativa sta nell’avere la capacità  di costruire un progetto che non si faccia solo opposizione e denuncia, ma che abbia anche la capacità di costruire sogni per le persone, che restituisca le aspettative, che dica chiaramente che la situazione di precarietà in cui viviamo, di aumento delle diseguaglianze, di aumento della povertà fino a livelli mai visti da 40 anni a questa parte, non è un fenomeno meteorologico: non è qualcosa che è arrivato e che poi si ferma qui, visto che non c’è altra soluzione, ma ha a che vedere con condizioni politiche, con un modo di vedere la politica che impone un progetto di autorità che va contro gli interessi del popolo.

Se abbiamo la capacità di unire tutto questo ad un’alternativa che in qualche modo disegni un orizzonte politico che faccia fronte a questo tipo di politiche, potremmo occupare lo spazio popolare che attualmente sta occupando l’estrema destra. Se lasciamo non solo che l’estrema destra sia la voce della denuncia, ma anche che presenti un progetto che dà speranza e porta nuove aspettative, fosse anche solo sulla base del ritorno ad un passato che si presenta come migliore (il famoso “Rendere l’America di nuovo grande”), sarà  molto difficile competere contro i populismi di destra nello spazio popolare. Perché quando la gente ha perso tutto, quando ha perso anche la proiezione di un futuro, si attacca a qualsiasi tipo di prospettiva di speranza che permetta di dare di nuovo un senso alla vita. La gente ha bisogno di dare un senso alla propria esistenza, perché altrimenti si sente finita ed entra in depressione. E si è visto che c’è una relazione tra la crisi economica e l’aumento della depressione e del consumo di ansiolitici.

La gente ha bisogno di avere speranza e sogni. E noi della sinistra, in qualche modo, abbiamo avuto, in passato, la capacità  di “vendere” questo “prodotto di speranza”, in modo che la gente si sentisse identificata con qualcosa di più della semplice proposta nell’immediato. L’estrema destra si sta dimostrando capace di articolare tutto ciò, oggi, anche se questo significa espellere una parte dei propri cittadini, cioè gente con cui si convive; però loro dicono: “ci sono poche risorse, dobbiamo distribuire tra molte persone, se eliminiamo una parte ci sarà di più da condividere e torneremo alla situazione che avevamo”. La gente nella propria disperazione di fronte al dilemma tra “mi salvo io” o “si salva quello che sta sotto di me”, sceglie il “mi salvo io”, affinché la responsabilità ricada su colui che sta sotto. Noi dobbiamo essere in grado di articolare un progetto capace di dire “No”: abbiamo le capacità  di generare ricchezza sufficiente da distribuire tra tutte le persone, senza escludere nessuno. Ed è per questo che si deve arrivare ai vertici della piramide, dove si concentra la maggior parte delle risorse, del denaro, del capitale e chiedere a questi vertici che diano una parte di questa ricchezza per condividerla con il resto.

Finché avremo la capacità  di convincere la gente del fatto che questo progetto è percorribile, che si può realmente fare, che c’è abbastanza ricchezza da distribuire a tutti, che possiamo obbligare coloro che detengono questa ricchezza a darne una parte per condividerla, allora ci sarà uno scenario propizio nel quale far continuare a crescere il nostro progetto.

  [Testo raccolto e tradotto da Silvia Scipioni e dall’Associazione Il Pettirosso]

In copertina, foto degli Indignados tratta da Wikimedia
Pedro Antonio Honrubia Hurtado
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